giovedì 18 settembre 2008

Come far innervosire la gente in coda agli uffici postali


Gianni Baruffa, noto rissaiolo della regione separatista della Pomezia del Sud, inoltra una singolare richiesta, ovvero come far innervosire la gente in coda agli uffici postali; sembra proprio che Gianni non abbia proprio nulla da fare, ma noi diamo comunque adito alle sue stronzate.


L'arte di infastidire la gente in fila è un'arte molto antica, che ultimamente sta tornando di moda grazie alla nuova politica editoriale del settimanale Topolino. Nel saggio "la fila che non fila", Baldràc de la Marchégalle riporta un suo celebre esperimento fatto nel 1963. Baldràc chiese a tre giovani donne di inserire in un archivio le carte che avevano davanti. I tre archivi erano identici e anche l'ammontare di carte. Sulle tre postazioni c'erano tre cartelli differenti, che segnavano "posta", "banca" e "lettere dell'amante mentre senti da lontano il rumore delle chiavi di tuo marito che stanno girando lentamente ed inesorabilmente nella serratura della porta della vostra casa che lui crede inviolata così come credeva fosse inviolata sua moglie, per non parlare poi di quando prima del matrimonio gli dicesti che a volte le donne sono fatte già così un po' sbudellate non c'era motivo di pensare che tu non fossi vergine". Cambiando le donne nelle varie postazioni, Baldràc de la Marchégalle si rese conto che una forza misteriosa rallentava incredibilmente la velocità della donna che si trovava nella posizione "posta". Chiamò allora "sindrome del fattapposta", questo singolare disturbo. Curiosamente, ripetendo l'esperimento, Baldràc trovò una percentuale di donne che rallentavano volontariamente l'archiviazione delle lettere dell'amante, permettendo allo studioso di rilevare un'altro disturbo della psiche femminile, ovvero la "zoccolagenìa manifesta di tipo 2". Secondo lo studioso questa psicosi colpisce il 43% della popolazione femminile tra i 15 ed i 60 anni [Baldràc de la Marchégalle 1965]. Molti autori ed artisti hanno dunque potuto profittare dell'ineluttabilità di tale fenomeno. Per rispondere direttamente al nostro Gianni Baruffa, è utile chiamare in causa i lavori del celebre boss-poeta Don Ciccio Polisano. Secondo Don Ciccio esistono tre metodi per infastidire la gente in fila alle poste, ovvero:
a. Metodo "here-there", che si attua entrando insieme alla vittima designata per poi dire "io sto subito dopo il signore (due posizioni più avanti, ndA)";
b. Metodo "fucked-to-move" [una curiosità: probabilmente il nome deriva dall'inglesizzazione del tipico "fottiti a muovere", termine tecnico nella psicologia sociale della celebre Scuola di Boston], che consiste nel pronunciare a chiare lettere l'indiscutibile frase "scusatemi ma ho fretta".
c. Metodo "just-a-minutino", che si esplica raggiungendo subito il banco e dicendo all'estenuato che ha appena terminato la fila: "devo chiedere solo un'informazione". Quest'ultima tecnica è la più appagante ma anche la più rischiosa, soprattutto nei periodi estivi ed in special modo nelle regioni più meridionali (di qualsiasi paese), dove i casi di linciaggio documentati non sono stati pochi [Polisano 1996].
La diffusione di tali tecniche, soprattutto nell'area mediterranea e nel delta del Mekong, ha portato anche ad una seguente diffidenza in tutti gli uffici postali. Ricordiamo a tal proposito il famoso caso del signor E. documentato da Jurgen Pilau nel suo bestseller scientifico "il famoso caso del signor E. ed altri racconti"; ecco il passo della registrazione da lui riportata "[...] ero in fila già da venti... venticinque minuti... insomma, solo per pagare un bollettino. Ero molto nervoso quella mattina, perchè non toccava neanche a me, sapete.. Sì, sì scusi. Allora, arriva questa signora, sui trent'anni, grassa, sudata. Faceva un gran caldo. Mi dice che deve passare avanti perchè è all'ottavo mese di gravidanza. Certo, faccio io, bell'affare. Non è la prima volta che provano a fregarmi il posto così. Lei comincia a strillare, fa un casino, io faccio finta di niente. Che lurida troia. Poi ha cominciato a perdere liquidi, ma io insomma, ormai non potevo più tirarmi indietro, poi ne mancavano solo quattro.. Ieri mi è arrivata a casa la multa per omissione di ostetricio." [Pilau 2002]

mercoledì 17 settembre 2008

E' possibile avere erezioni secondo la propria volontà?


Una insoddisfatta Teresa F. di Castelfranco Veneto (TV) ci scrive per chiederci se e come è possibile avere erezioni secondo la propria volontà. Siamo vicini al marito di Teresa nell'esaminare ciò che la letteratura ha da dirci riguardo all'argomento.


La tumescenza facoltativa è un fenomeno leggendario che l'essere umano ricerca disperatamente dalla nascita dell'ansia da prestazione, che si può collocare all'incirca nel XV secolo, in concomitanza con la scoperta dell'America.
Prima di riportare gli studi sull'argomento è necessario precisare che non esistono casi scientificamente registrati di tumescenza facoltativa (ci dispiace, Teresa). Tuttavia esiste testimonianza di un celebre caso nel regno animale. Si tratta di Gennarino, "il ciuccio che intuosta a comando" (l'asino che ha un'erezione quando gli viene imposta dall'esterno). Gaetano Cutolo di Benevento (1922-2006) era solito portare nella piazza del paese l'asino Gennarino, il quale era colto da tumescenza quando il padrone urlava "Mammata!". Il tutto per la gioia di grandi e piccini.
Ma torniamo all'essere umano. Sebbene non vi siano casi reali (siamo veramente molto dispiaciuti, Teresa), è esistito un uomo che alla questione ha dedicato l'intera vita. Si tratta del barone Hubert Von Willigstein, un ammiratore segreto di Pavlov, ossessionato dal riflesso condizionato.
Dopo aver letto del celebre esperimento sui cani, il giovane Hubert ebbe la geniale intuizione che il processo potesse essere applicato a qualsiasi altro ambito. Il primo esperimento fu condotto su Inga, la nonna di Hubert. Per circa 6 mesi, ogni giorno, Hubert costrinse l'anziana signora ad ascoltare "Uomini soli" dei Pooh durante la defecazione mattutina. Dopo quel periodo ogni volta che la signora sentiva il succitato brano veniva colta da squassanti peristalsi ed era costretta a correre in bagno. Dopo un anno il condizionamento era così forte che la nonna non riusciva nemmeno a raggiungere il bagno, defecando sul posto. Dopo 5 anni la signora defecava sul posto anche senza ascoltare i Pooh, ma questo fenomeno secondo Grossman (1999) è da imputarsi più all'avanzata età della signora che non al riflesso condizionato.
Esaltato dai primi successi, il barone Von Willigstein si sentì pronto a sperimentare il sistema su un soggetto di sesso maschile, con lo scopo di inseguire la chimera della tumescenza facoltativa. Il soggetto dell'esperimento era Frank Speranza di Pulsano (TA), un giovane disoccupato dai sani appetiti. Per sei mesi Frank vide ogni mattina la sigla di "Baywatch" ed ebbe quotidianamente quella che il barone definì "Erezione da P. Anderson". Al settimo mese Frank venne bombardato dalla sigla di "Baywatch", ma senza il fattore video. La sola musica, constatò Hubert, non provocava tumescenza nel soggetto. Hubert Von Willingstein morì pazzo pochi mesi dopo.
I sostenitori di Hubert attribuiscono il fallimento dell'esperimento a un fenomeno conosciuto come "Detumescenza da D. Hasselhoff". Purtroppo la ricerca in questo campo è stata del tutto abbandonata, perché la visione di "Baywatch" viene oggi considerata "eticamente inaccettabile" dalla comunità scientifica.
Un vero peccato.

martedì 16 settembre 2008

Come guardare negli occhi una persona strabica


Joshua Three da Viggianello (PZ) ci chiede senza fronzoli come si può fare per guardare negli occhi una persona strabica senza commettere grossolani errori.


Nelle memorie di Gualtiero Malacapa, ritroviamo il celebre passo "Cuando fu che lo prete m'aspettea pe' lo gran ritardone, ch'io capoccia avea commensurato in tanto che abbastava pe' fa' lo sì che me menassero cu la vanga, tosto correo pe' lo corridoro, che tal lo nomano all'uopo de moverse celeri. Lo prete di suo la patientia l'avea perduta, et cu le mani insù pe' le reni ritto stava a la porta, et dissemi tutt'un foco "codesta ora paretti bòna, tristo sputazzo malecavato da lo sacro foro peccatore?". Lo gran problema fu ch'io, dimentico de la confusiona ch'intortava l'occhi de lo curato, me voltai a cercar lo diavolo che dovea gardare lo pretaccio. Non acchiandovi niuno, tosto capii che lo cul mio assicuravasi lo sconcuasso..." [Malacapa 1339]. L'imbarazzo dell'incomprensione di uno sguardo strabico è cosa recente. La dottrina cristiana infatti, sempre ben aggiornata sui progressi scientifici, ha sempre sostenuto che lo strabismo colpisce i bambini che giocano a fare "gli occhi storti", suscitando le ire dei soliti angeli suscettibili [La Bibbia 1924]. A questa consuetudine si deve la sottovalutazione del problema, nonchè poi la conseguente emarginazione degli strabici. Le nuove ricerche dello psicologo sociale Arthur Stepperman, che prese a cura il problema quando la sua fidanzata lo lasciò perchè, a suo dire, guardava sempre altrove quando lei voleva fargli un discorso serio, portarono ad un diverso approccio al problema. Per Stepperman il modo migliore di guardare uno strabico è fare lo strabico [Stepperman 1959]. Questo metodo s'è poi però dimostrato essere utile solo al vero strabico. D'altra parte, quando Stepperman andò sulla copertina del Science and Pullover Magazine [n.14, anno XXIV, 1964], tutti si resero conto dello strabismo divergente dello scienziato. Poche settimane dopo, Jonathan Panuozzo, nel suo articolo "quante persone hanno girato il n.14 di Science and Pullover cercando di capire dove cavolo guardava Stepperman", indicava con certezza che il metodo migliore per colloquiare con uno strabico era di fissarlo tra le sopracciglia [Panuozzo 1964]. Dopo le critiche della comunità scientifica internazionale, che vedevano questo metodo come troppo "impersonale", Panuozzo rispose proponendo allora di guardare sempre trasognati verso l'orizzonte, per dare prova di sensibilità [Panuozzo 1968]. Alle successive critiche di ipocrisia, Panuozzo non resse, e si suicidò con un cocktail letale di barbiturici e zigulì alla fragola. Negli ultimi anni si sono affermate le tecniche "Search and fix", che prevede una decisione arbitraria di un occhio da fissare, e "Sunglasses", che indica di portare sempre nella giacca un paio di occhiali da sole. Infine segnaliamo Brezgoff, che consiglia sempre, anche nell'incertezza, di non girarsi mai a cercare un soggetto dello sguardo strabico, neanche quando è lo stesso interlocutore a chiederlo, adducendo come scusa un tipico "non mi fido di te" [Brezgoff 1993].

lunedì 15 settembre 2008

Come nascondere un'erezione in spiaggia


Ci è arrivata una richiesta curiosa dalla Principessa Carasau, dottoressa in tuttologia, che a detta sua "porta in sé l'arte del paraculeggio e del cinismo premestruale. Priva di qualsivoglia senso del pudore e di tette, vi accoglie a braccia aperte nel suo meraviglioso mondo..". Insomma una donna a cui l'ego non manca. La sua arguta domanda è: come si nasconde l'erezione in spiaggia?


Secondo il prof. Rocco Ifcolds (1924) la tumescenza è da considerarsi "un dono divino da ostentare con gioia e orgoglio appena possibile". Il prof. Ifcolds fu arrestato più volte per atti osceni in luogo pubblico, motivo per cui non riuscì mai a completare il suo saggio, "De Rigiditatis Poenis". Un vero peccato. Ma torniamo al nostro quesito.
La spiaggia viene definita da Hopkins e Clark (1948) "un luogo ostico per il giovane sessualmente vorace". Il disagio pare nasca dal contrasto fra il naturale pudore femminile nella quotidianità e l'innaturale crollo di quest'ultimo in presenza di sabbia e acqua salata. Clark in particolare tentò di dimostrare una relazione di causa-effetto in un ambiente controllato. Fece entrare una giovane donna in una sala vuota e la fece sedere. La ragazza non si denudò. In seguito portò dentro la stanza un bicchiere di acqua salata e un secchio di sabbia. La ragazza si spogliò e tentò di abbronzarsi alla luce dei neon. Purtroppo Clark, piegato in due da una tumescenza fulminante non riuscì mai ad annotare i risultati dell'esperimento.
Esistono diversi sistemi efficaci per camuffare un'erezione in spiaggia.
Espinoza proponeva di portare sempre con sè un ombrello senza bastone da combinare per un camuffamento marittimo tipico. Il sistema sembrò efficace fino al mese di settembre, durante il quale improvvise raffiche di vento causarono diverse fratture del pene. Una fine triste per Espinoza e i suoi amici.
Un altro metodo efficace è quello che viene chiamato "Sistema della Ridondanza Fallica". Fu sperimentato da R. McDowell nel 1945 nella spiaggia di Mondello (PA). Il meccanismo è molto semplice. McDowell, non appena il suo apparato genitale reagiva con violenza alle nudità femminili, inseriva due banane nel costume, dicendo alle giovini signore di averne tre. Il suo grande errore fu quello di decidere di offrirne una alla sua vicina. Passò il resto della sua vita dietro le sbarre.
L'ultima tecnica, tanto diffusa quanto svilente, è la "Tecnica dello Struzzo" di Clemente J. Sacco. Il metodo consiste semplicemente nello scavare una fossa oblunga nella sabbia, per poi distendersi proni in modo che la propria escrescenza coincida perfettamente con il dislivello sabbioso. Purtroppo, a causa delle tumescenze prolungate dei giovani sessualmente attivi, questa tecnica mina i rapporti sociali, e nei soggetti più sensibili causa anche brutte scottature.

giovedì 11 settembre 2008

Come mangiare un gelato senza sporcarsi


Il bimbo Gigi, su consiglio di mamma Lorena Alsazia da Strasburgo (FG), ci chiede come può fare per mangiare un gelato senza sporcarsi almeno i vestiti. La precisazione di Gigi è molto importante (bravo Gigi!), infatti possiamo già dividere la degustazione macchiotipica di creme gelato a seconda del genere di superfici intaccate; entriamo nel dettaglio.


Il celebre lavoro di Lechapelle "Et voilà la glace tombe sur ma face", divide la degustazione di un gelato in tre tipologie differenti: a. limpida (vers. orig. "quel cul"), in cui il gelato non lascia tracce di sé sul viso; b. gotica (gothique), in cui le gote, o più genericamente qualsiasi porzione di viso, sono colpite dal decadimento cremoso; c. figliomìo (putain), in cui sia la pelle che il vestiario sono ricoperti di gelato [Lechapelle 1921]. Nella recente critica di Sevigny, se non vi sono vesti, il gotico finisce comunque all'altezza del manubrio dello sterno; nel caso si scenda ancora, Sevigny propone l'appellativo di degustazione pornoscenica [Sevigny 1973]. Accettando la tassonomia Lechapelliana, il già citato De Pruus, con il solito "Moderne prosopografie culinarie" è il primo a proporre metodi per evitare di macchiarsi, quando non se ne abbia voglia. De Pruus, di famiglia nobile e sostenitrice del colonialismo belga, consiglia prima di tutto di mangiare il proprio gelato sporgendosi al massimo su una seconda persona seduta di fianco a voi, possibilmente inferiore per rango; di questa maniera, la gravità del mondo e della piramide sociale farà percolare le creme sulle vesti del sottoposto [De Pruus 1934]. Con l'avvento della decolonizzazione l'autorità di De Pruus tra gli intellettuali della macchiogenìa europea prese a vacillare, ed ecco che cominciarono ad affermarsi le teorie meccaniche di Turbinkreuz, Prest e De Minnorio (anch'egli già citato). La prima contesa con De Pruus fu quella detta "della rotatoria"; secondo il vecchio autore belga bisognava far girare il cono dal cameriere, mentre i moderni scienziati consigliavano di leccare il cono girandolo da sè; col tempo questa fazione sarà la dominante. Prendendo De Minnorio su tutti, la tecnica proposta e comunemente eseguita a partire dagli anni '70 è quella della trigonometria gomitale; il soggetto prende il gelato, che sia coppetta o cono, saldamente nella mano, e nel frattempo piega il gomito (del braccio reggente) fino ad avere un angolo retto tra braccio ed avambraccio, mentre il gomito punta a ore 3. Da questa posizione di riposo il gelato viene degustato con un movimento simultaneo del braccio e del collo, per far incontrare il gelato con la bocca precisamente a metà percorso [De Minnorio 1974]. A detta di Gherardi, se eseguita in posizione verticale, questa tecnica garantisce l'82% di possibilità di rimanere puliti [Gherardi 1993]. Negli anni novanta poi si sono diffuse varie nuove tecniche risultate poi fallimentari, come il surchio conico posteriore, che prevedeva di rompere il cono alla sua base e suggere la crema gelato già disciolta; questa tecnica finiva col garantire fontanelle di macchie.
Presto su questa guida: come togliere le macchie di gelato dai rivestimenti Fiat.

Come fare per non guardare i seni di una ragazza prosperosa che non porta il reggiseno mentre nel locale c'è l'aria condizionata

Non lo so.

Come organizzare una partita di calcetto senza fare sgarbo a nessuno


A calcetto, nei campi di uso più comune, si gioca in dieci, cinque per squadra. Per questo non è sempre facile organizzare una partita a questo surrogato del calcio quando la propria compagnia di amici è composta da una dozzina e più di unità. A tal proposito Cristoforo Vespucci di Rostock (Germania) ci ha scritto per capire in che modo può organizzare un match infrasettimanale a calcetto senza crearsi inimicizie per le necessarie esclusioni che deve effettuare. La risposta è stata affidata ad un nostro fido collaboratore, il prolisso Professor Meccia.


Il calcetto è un divertissement intercontinentale, disciplina ufficialmente denominata “Calcio a cinque” e che è al vaglio del CIO per entrare a far parte dei Giochi Olimpici nel 2016. A livello amatoriale questo sport, molto simile al più popolare calcio, è praticato da 1,34 miliardi di persone nell'intero globo, con l'Italia al primo posto nella speciale classifica (il 69% dei giovani tra i 15 e 28 anni calcano un campo da calcetto almeno una volta a settimana). Le sue origini nel Belpaese affondano radici antichissime; si narra che un gioco simile fosse già molto popolare nell'antica Etruria col nome di Sferomachia Minima (Angela 2003), ripreso poi in Italia, e precisamente a Firenze, dai bambini che non potevano cimentarsi col più popolare Calcio in livrea (ora noto come Calcio storico) (Alighieri 1301). Ma il boom vero e proprio avvenne nei primi del '900, grazie al pioniere Federigo Tozzi, noto ai più come scrittore, ma anche accanito giocatore di calcetto e polemico di prim'ordine (Pehers 1926). Fu grazie agli esperimenti arditi del Tozzi che l'organizzazione di una partita di calcetto iniziò a presentarsi come un problema rilevante, tanto che due suoi scritti passati per lo più inosservati affrontavano la questione: il serioso “Sull'ineluttabilità di non chiamare chi ha dato buca la settimana prima” (Tozzi 1915) e il più scanzonato “Si gira in porta...” (Tozzi 1916). Nonostante i suoi sforzi per disciplinare questa spinosa materia, il problema s'era trascinato irrisolto per circa trenta anni, quando nel 1962 comparì sulla scena “calcettistica” italiana il più intransigente e duro organizzatore di eventi amatoriali del Dopoguerra, tale Arturo Mazzola. E' stato il Mazzola a svelare i segreti di una perfetta organizzazione della partita di calcetto, essendo sempre lui l'incaricato di radunare i suoi tanti amici per svolgere match che lui amava definire “l'essenza esistenziale del cinque contro cinque”. Disdegnatore delle sostituzioni e dei “pacchi” dell'ultim'ora, nel suo archetipo scritto “Puntualità e venti altri metodi per essere sempre chiamati” (Mazzola 1964) tracciava le regole per esser legittimati a una chiamata da parte di chi organizza la partita. Infatti, l'incaricato al giro di chiamate (che il Mazzola all'epoca effettuava con telegrammi che iniziava a spedire dalle 72 alle 48 ore prima dell'evento, non avendo un comunissimo telefono) deve privilegiare chi ha sempre garantito affidabilità prima che doti tecniche accettabili, fornendo nell'opuscolo a tratti satirico “Mi chiedi perché non ti ho chiamato?” (Mazzola 1966) ben 52 motivazioni che l'organizzatore poteva addurre all'escluso. Ne riportiamo qui alcune, da noi ritenute le più significative:
- Parli proprio tu che due settimane fa per colpa tua fa dovemmo mettere Ciccio Paletta in porta?
- Non ti è arrivato il telegramma? Io te l'avevo mandato...
- Mi aveva detto tua sorella che ieri avevi avuto una digestione laboriosa.
- Era una partita seria.
- C'era mio cugino da Torino che voleva proprio giocare...
E le due più infime e false:
- No, guarda, non siamo andati più neanche noi.
- Stavolta mi avevano chiamato, non l'ho organizzata io.
Attingendo da questo prezioso Vademecum, un organizzatore non avrà scrupoli a non chiamare l'amico del cuore, talvolta necessariamente messo da parte per limiti tecnici o di affidabilità. Grazie dunque al Tozzi e al Mazzola (e un po' anche a me stesso) per aver ridotto al minimo le querelle pre-partita e post-partita inerenti alla composizione del gruppo dei dieci.

mercoledì 10 settembre 2008

Come mantenere i propri diritti su una cena offerta quando questa salta per cause di forza maggiore


Michele Sapporo da Nocera (FG) ci chiede se esiste un metodo sicuro per mantenere i propri diritti su una cena che doveva essergli offerta e che poi è andata a carte quarantotto quando un evento straordinario (la rottura scomposta di tibia e perone della gamba destra dell'offerente Pinuccio) ha cancellato l'avvenimento e la prenotazione alla trattoria da Gigi. Come fare per non perdere una cena gratis senza risultare ipobracciuto?


La giurisprudenza sull'usufrutto di cene rimandate è tradizionalmente piena di lacune, ma più volte il legislatore ha cercato di intervenire nella questione. Prendendo in esame il nuovo CPC, Codice di Procedura Culinaria, approvato dalle Camere nel 1971 (che sostituiva l'ormai datato PICI, Procedura Italica di Culinaria Imperiale, di fascistissima memoria), vige prima di tutto la norma consuetidunaria della Precisatio Legis, ovvero prima di accettare un invito a cena è sempre bene far esplicitare all'offerente anche i minimi dettagli. Per esempio, di un invito a cena è bene farsi dire oltre l'orario anche la data precisa in termini gg/mm/aaaa, per evitare spiacevoli inconvenienti (del tipo: sabato ora? ma no, dicevo sabato 8 agosto 2009). Secondo le direttive europee n.164/2001 e 291/2003 è inoltre utile mantenere una genericità, ovvero se la cena è proposta solo per il giorno x, dal giorno x+1 l'offerto perde totalmente i propri diritti, e interviene l'antica consuetudine del diritto romano del cazzi sui. Visto tutto questo, se una cena con data precisa non esclusiva salta per cause terze, l'offerto ha diritto a farsi rioffrire la cena dall'offerente, che è tenuto per legge ad assolvere le proprie funzioni. Nel caso la cena non venga riofferta, l'offerto può arrivare persino a far causa all'offerente, o quantomeno parlarne male con gli amici comuni, financo con i parenti stretti, ma non alla mamma. Solitamente, il periodo di prescrizione di una cena offerta è di 2 anni, che scende a 18 mesi per una pizza; successivamente interviene la già citata norma del cazzi sui.
Leggendo l'interessante manuale del Federici "Come mangiare a scrocco fingendovi parenti", notiamo come in alcuni codici mitteleuropei un ritardo nella reiterazione dell'invito a cena può portare aggravi come raddoppio delle portate o miglioramento delle strutture di ristorazione. Una curiosità: Federica e Francesco mi devono una cena, anche se è saltata, non la faranno franca.

Come fare cilecca a letto e uscirne puliti


Il signor Lucio Grass di Erice (TP), che avrebbe tanto voluto mantenere l'anonimato, ci scrive per chiederci come dissimulare con successo una mancata erezione di fronte a una donna vogliosa. Sapere cosa fare in situazioni come questa può fare la differenza fra un matrimonio felice e un normale matrimonio.


Il metodo più conosciuto ha le sue origini nell'antica Grecia, come testimoniato dallo storico Fenocide, contemporaneo del più noto Erodoto. Fenocide riporta un sistema molto diffuso al tempo e chiamato "Tecnica della dipartita pseudo-peristaltica". Una volta resosi conto della scarsa risposta genitale allo stimolo femminile, il soggetto finge forti crampi al basso ventre e corre verso il bagno scusandosi a gran voce. L'imbarazzo permane ma le motivazioni diventano intestinali e non più sessuali.
Il secondo metodo è detto "Tecnica del diversivo ludico" o "Triseptima". Questo sistema si basa sul repentino e brusco spostamento dell'attenzione della partner verso un'attività di diversa natura. Il soggetto colpito da mancata tumescenza del pene si alza di scatto, afferra un mazzo di carte e propone alla partner una avvincente partita a tressette. Questa pratica si basa interamente sul fattore sorpresa. Secondo Rogers la probabilità di riuscita è del 71%.
Il terzo metodo è la "Tecnica fobica", e la sua efficacia dipende dalle capacità recitative del soggetto. La pratica consiste nel fissare la caviglia della partner, mostrarsi sconvolto e dichiarare di avere una innaturale paura del suo malleolo. Secondo Pavenski piangere migliora le probabilità di riuscita. Questa tecnica fa leva sul senso di colpa della partner, per questo in alcuni testi viene chiamata "Tecnica amorale".

Come azionare i rubinetti nei locali pubblici


Lavarsi le mani in un locale pubblico può essere motivo di imbarazzo se non si conosce il meccanismo di attivazione appropriato. Ci scrive a tal proposito il signor R. Bradbury di Monteriggioni (SI), più volte ingannato dai rubinetti dei ristoranti, per sapere se è possibile non apparire sciocchi e maldestri di fronte agli altri avventori mentre si cerca di utilizzare il lavabo. Fortunatamente l'etologia e l'ergonomia ci vengono incontro per risolvere questo fastidioso problema.


Boulders e Zanotto, in "Attivazione meccanica dei flussi d'acqua", individuano 5 modalità principali di funzionamento dei rubinetti: La lunga leva (Long Lever), il pomo rotante (sic), il pedale (Pedal), la cellula a infrarossi (Touchless System) e il pulsante (Timed Button). Secondo il già citato Ferzelli è altamente improbabile che due o più di questi sistemi funzionino contemporaneamente. La percentuale è, a sua detta, intorno al 1,76%.
Diverse scuole di pensiero cercano di affrontare il problema dell'attivazione sicura del flusso d'acqua ma l'unica che ha ottenuto risultati concreti e misurabili è la scuola olistica. La scuola olistica risolve la questione attraverso un'unica azione complessa, detta "Manovra di Hans-Berling". Per praticare la suddetta manovra è necessario effettuare un movimento che coinvolge i quattro arti.

Manovra di Hans-Berling
- Piede sinistro: è il piede di appoggio, saldamente posizionato sul pavimento
- Piede destro: pigia ripetutamente la porzione di pavimento sottostante il lavabo, in cerca del pedale
- Mano sinistra: si muove sinuosamente presso il rubinetto nel tentativo di azionare la fotocellula
- Mano destra: solleva e poi preme la parte superiore del rubinetto mentre la ruota in senso antiorario

Da notare il triplice movimento della mano destra che tenta al contempo di azionare una lunga leva, il pulsante e il pomo rotante. Secondo Boulders è necessaria una pratica di circa sei mesi per effettuare correttamente la manovra.

Come fare per avere sogni erotici


Diversi lettori ci hanno scritto per sapere impazientemente come avere più possibilità di fare sogni erotici durante la notte. Diversi, diversi lettori. La risposta non mi è nuova, poichè anche il sottoscritto si è sottoposto questa domanda parecchie volte.


Secondo la classica definizione dell'antropologo visuale Butterman il sogno erotico è quel sogno in cui la sequenza con un bacio dura più di 8 secondi [Butterman 1953]. Vari autori hanno aggiunto particolari a questa definizione, affiancando successivamente azioni che ricordavano vagamente atteggiamenti riproduttivi [Jetson 1971], azioni che ricordavano esplicitamente atteggiamenti riproduttivi [LeBeouf 1975], azioni che ricordavano sommariamente sesso sfrenato, capezzoli, sottocoppe, sudore, saliva, scendeva [Kripper 1988]. Di scuola diversa invece è Kenneth Walker, per cui il sogno erotico è un sogno che porta alla tumescenza e, a volte, alla successiva detumescenza [Walker 1965]. Di certo, il sogno erotico avviene durante la fase REM (rapid eye movement), in cui tutti i fasci muscolari al di sotto del collo sono completamente rilassati, per prevenire spiacevoli cadute dai letti a castello o sconvenienti movimenti che rivivono i sogni; l'unica parte che resta sveglia durante la fase REM è proprio la zona genitale, quella che Vetusto il Giovanile chiamava il Focus Corpus [Vetusto 214]. In questo modo un sogno erotico particolarmente efficace può portare anche al famoso sogno bagnato, sogno fortunato [Kripper 1988 cit. pag. 12]. Secondo il discusso rapporto Kinsey, l'83% di un campione di uomini 45enni ha ammesso di aver avuto ejaculazioni notturne (preciso: mentre sognavano), e alla stessa età la percentuale femminile è del 37% [Kinsey 1948]; si dice che Kinsey, per deontologia professionale, fece avere un rapporto Kinsey ad ogni donna da lui intervistata.
Veniamo ora al corpus del nostro scritto, ovvero come fare per avere sogni erotici. Secondo la teoria dominante, mangiare cibi falliformi quali zucchine, banane o cetrioli, o verdure fallibili, quali i piselli o le fave, o vaginabili, come le patate novelle, è qualcosa del tutto inutile al fine di avere ripetuti sogni erotici. Secondo la teoria dominante il metodo migliore per fare di questi sogni è restare eccitati (o tumescenti, come direbbe Walker) per buona parte della giornata [Kripper&Patanova 2002]. Al fine dunque, il consiglio degli esperti per fare sogni erotici è: siate erotici.

Come fare per mangiare senza sporcarsi un panino molto grande e molto farcito


Arthur Mnemozzi da Viterbo ci ha scritto per sapere se esiste un metodo sicuro per mangiare un panino molto grande e molto farcito senza sporcarsi. Domanda fondamentale, oserei dire.

Un panino molto grande e molto farcito può essere molto affascinante ma allo stesso tempo molto pericoloso. Le macchie di salsa tartara sulle vesti medievali rimarranno sempre croce e delizia degli storici europei. Secondo lo storico Flinsey, la prima stesura del Macbeth di Shakespeare narrava di enormi macchie di salsa al pomodoro su metà dei protagonisti, poi traslate in sangue su consiglio dell'editor [Flinsey 1998]. Prima di tutto il consiglio comunemente accettato è quello di mantenere il panino in posizione orizzontale, ovvero con il vettore della forza di gravità che scende perpendicolarmente rispetto alla fetta di pane inferiore [De Minnorio 1985]. La tecnica ad oggi più utilizzata per evitare di sporcarsi è chiamata "stretta di Garçonnier", e si attua tenendo la parte posteriore del panino tra mignolo e anulare di entrambe le mani, e la parte anteriore tra pollice e indice. Il dito medio rimane libero per effettuare pressioni di controllo sulla porzione mediana. La tecnica risulta solitamente molto efficace in qualsiasi condizione di farcimento, ed è stata descritta per la prima volta dall'autore belga De Pruus, nella sua celebre opera "moderne prosopografie culinarie" [De Pruus 1934]. Gli altri metodi di cui è piena la tradizione provinciale italiana non riescono, per quanto ne sappiamo, ad essere altrettanto efficaci, come la sirchiata preventiva dei monti dauni o la compressione laterolaterale trevigiana, esempi di una metodologia che si affida più alla superstizione che alla scienza moderna.

E' possibile leccarsi il gomito?

Sì, ma a che pro?

E' pericoloso trattenere gli starnuti?


Giosué Light da Follonica (GR) ci chiede se è nocivo o quanto meno arrogante trattenere gli starnuti. La risposta è semplice: trattenere gli starnuti è molto pericoloso.


Con lo starnuto il corpo umano espelle ad altissima velocità le piccole sostanze di cui non abbisogna; secondo il recente studio di Steiglitz uno starnuto di un uomo sui 40 anni, alto un metro e ottanta circa, castano, con gli occhiali, può proiettare piccoli frammenti di muco a oltre settanta miglia orarie. La pressione che si crea all'interno del nostro corpo è molto alta, come fa notare Spargusson, tanto che il meccanismo di chiusura palpebrale non serve ad altro che a prevenire lesioni ai dotti lagrimali. Bloccare una tale potenza di fuoco può mettere a repentaglio la propria vita. Non sono pochi i casi nella letteratura ottocentesca di trattenitori che non ce l'hanno fatta, anche se nessuna morte è stata effetivamente documentata. Più sicure delle morti sono però state le lesioni dei timpani, che contano a detta di Tripkow il 7% degli starnuti trattenuti. Date libero sfogo ai vostri starnuti. Sempre.
Per sapere come togliere le macchie di muco dalla carta da parati, consulta questa guida.

martedì 9 settembre 2008

Come distinguere le bestemmie dalle ingiurie comuni rivolte a grossi animali


Janet Jackson mi chiede come distinguere le bestemmie, e prontamente le rispondo. E' molto importante sapere cosa sono precisamente. Se l'avete sulla punta della lingua, state già commettendo peccato.


Le bestemmie sono locuzioni verbali molto spiacevoli per una parte dell'elettorato attivo [Berotti-Meneghini 1966]. La bestemmia è un ingiuria rivolta ad una divinità, più o meno potente. La definizione di ingiuria rivolta a divinità non è comunque esente da critiche. Se la divinità in questione è infatti creatrice di tutte le cose, fa notare il teologo svedese Hans Magnus Inseglet, è creatrice anche di quelle ritenute più infime da una parte del creato; dire dunque che "Dio è un (cens., animale sinonimo di sporcizia)" non è altro che accostare una creazione al suo creatore; più o meno come dire, ironizza Inseglet con notevole spirito doppiosensistico, "Michelangelo sei una cappella!". C'è dunque da pensare che per uso comune la bestemmia sia un ricordare alla divinità le stronzate che è capace di fare, come appunto Dio M***a, Dio C**e, Dio P***sf**o [Inseglet 1987]; questo punto di vista è stato duramente criticato, poichè il popolo tratterebbe con troppa strafottenza la divinità, senza contare che in effetti l'unico animale che rende gli altri bestemmiabili è quello con l'uso della parola [Broz 2002]; troppo facile così, signori umani! La bestemmia a questo punto diventa un interpretazione del tutto umana, ovvero è l'uomo che decidendo cosa è bene e cosa è male si pone egli stesso sul piedistallo divino, salvo poi scenderne volontariamente con una mossa che gli storici non hanno ancora capito. Il risultato è una questione tutta tra uomini: se un uomo dice che il Dio comune è una cosa infima, gli altri uomini lo prendono a pietrate come se lui avesse insultato loro, e di solito nascono censure, querele, guerre, stupri [Sanremo '98]. C'è poi anche Casadas che fa notare come se una divinità è effettivamente onnipotente, onniscente ed onnipresente, dovrebbe fottersene proprio ben poco di quel che dice uno che si è appena dato la martellata sul piede sinistro [Casadas 2004].
Infine per l'analisi neomarxista di Eggerfunf la locuzione D** Merda è effettivamente una bestemmia ma per motivazioni opposte, poichè la proprietà della merda, prodotta dal lavoro delle peristalsi di tutto il mondo, viene espropriata ed affidata alla divinità, la quale vorrebbe comodamente vivere di rendita del suo capitale investito privatamente miliardi di anni prima, con tutti i relativi interessi; questa appropriazione indebita non può essere altro che un insulto. La merda è animale, e se Dio vuole farne parte, che si faccia mangiare da un comitato eletto direttamente dal popolo [Eggerfunf 1977].

Come attraversare indenni le porte automatiche dei negozi di calzature e non


A seguito di spiacevoli inconvenienti che mi hanno fatto anche ridere, la signora Annamaria Bertoffi (48) da Codroipo (UD), ci ha scritto per sapere se esiste un metodo sicuro ed infallibile per entrare nei negozi di calzature con porte automatiche senza che queste si chiudano improvvisamente. Questo è un problema da non sottovalutare, e che possiamo estendere anche alle porte delle mercerie, dei supermercati e dei passaggi tra i vagoni nei treni di ultimissima generazione.


Secondo McBullington la possibilità che una porta automatica si chiuda al passaggio del cliente è in media di poco inferiore al 9%, cifra che già desta non pochi timori, ma che può salire sino al 14% se si analizzano esclusivamente negozi di calzature. L'autore scozzese, pur non individuando strettamente le cause di fallimento, ritiene impeccabile un ingresso a passo deciso e largo, lasciando almeno 25cm di distanza tra i due piedi, senza chinare il capo, con le braccia protese in avanti e le mani aperte. Di tutt'altro parere invece è Ferzelli, ricercatore già famoso nell'ambiente per il suo saggio "Rubinetti nelle stazioni di servizio". Secondo il Ferzelli, per un passaggio sicuro tra le porte automatiche non c'è nulla di meglio che un passo laterale a ginocchia lievemente piegate, metodo senza dubbio acuto ma scarsamente applicabile nel caso il cliente soffra di fastidi alle articolazioni delle ginocchia. Infine non possiamo non segnalare gli studi di Marçeau-Briandt secondo cui il metodo migliore per passare indenni da porte automatiche è quello di aspettare un altro cliente ed entrare vicinissimo a questi, ma senza che l'altro se ne accorga.

lunedì 8 settembre 2008

Prefazione

Dopo anni di riflessioni, introspezioni e, secondo alcuni, metempsicosi, siamo orgogliosi di dare vita al progetto più ambizioso che siamo riusciti a pensare.